Il parco informale si sviluppa alle spalle della villa e si estende fino alla sommità del colle come una scenografica quinta arborea, di specie in prevalenza sempreverdi, che funge da cornice e da risalto all’edificio in primo piano.
Il muro di cinta che delimita l’intera proprietà venne decorato con una fascia continua di merli. Vennero aggiunte alcune torri belvedere nei punti più panoramici, la più alta delle quali costruita sulla sommità del colle, presso il laghetto, per consentire al visitatore di godere della magnifica vista del lago.
Nel punto più alto del parco si trova il laghetto, elemento principe dei giardini all’inglese. La sua funzione voleva si essere sorgente di luce riflessa proveniente dal basso, specchio del paesaggio circostante fatto di natura e arte, capace di far partecipare, stupire e sentire con i cinque sensi e portare in un altro luogo e in un altro tempo: ma la sua funzione principale era quella di essere un bacino di riserva idrica. Alimentato da una sorgente e provvisto di un sistema di chiuse e dighe era l’espediente per l’approvvigionamento dell’acqua in tutto il parco sino all’orto e alle vasche e fontane che impreziosiscono il giardino formale. L’acqua veniva fatta scorrere lungo canalette in pietra, che davano vita a scenografiche cascatelle nei pressi delle grotte, per poi raggiungere il piano e la sua funzione irrigua.
I percorsi principali sono tutt’ora ben riconoscibili perché delimitati da secolari cipressi che restano a testimonianza dell’impianto originario.
Molti sono ancora i tortuosi sentieri che si arrampicano sul colle arredati, secondo la moda del tempo, con panchine di pietra, scalinate e ponticelli di legno.
L’intento del progettista era quello di sorprendere il visitatore che si inoltrava nel fitto della vegetazione del parco e condurlo in luoghi di sosta dove godere stupito dei “quadri” che la natura offre, immerso nei colori, negli odori e nei suoni di questi luoghi di pace.
A questo scopo nei luoghi più significativi del parco vengono realizzati cannocchiali prospettici, con l’aiuto delle architetture vegetali, per guidare lo sguardo del visitatore e costruiti dei belvedere, arredati con panchine e tavoli di pietra dove godere della meravigliosa vista del lago. Sempre con l’intento di meravigliare e condurre in luoghi e tempi lontani vennero realizzate, secondo i canoni dell’ottocento alcuni manufatti che costituiscono l’ossatura di un percorso ideale attraverso il parco che si svolgeva come il racconto di un libro.
L’unione di arte e natura, di artificiale e naturale costituisce la matrice della creazione e ideazione di ogni giardino, anche dei giardini apparentemente meno architettonici, quelli appunto dove si è cercato di ricreare la natura nelle sue forme più spontanee e casuali. I manufatti nel parco sono “i più fedeli depositari del desiderio del progettista”. Grotte, padiglioni, belvedere, uccelliere e serre nei vari stili e momenti storici popolavano il parco per ricreare situazioni immaginarie, erano effettivamente uno dei momenti più creativi dell’arte dei giardini. Il giardino diventa il paradiso degli stili, un compost di diversi siti e diverse civiltà, una sorta di microcosmo nel quale sono raccolte le varie parti del mondo. L’archetipo della capanna, immagine dell’abitazione originaria, dalla quale deriverebbe la stessa architettura gotica rappresenta l’ambiguo momento di passaggio dalla natura all’architettura, che può assumere aspetti fra I più vari e drammatici: le capanne potevano essere realizzate con l’impiego di una vegetazione deformata, con tronchi d’albero dalle conformazioni tormentate, radicati nel terreno o con tronchi e rami razionalizzati, quasi a suggerire archeggiature a sesto acuto. La torre è l’elemento emergente nel paesaggio del giardino, punto di traguardo ottico e osservatorio; luogo della visione, oltre che dell’essere visti. Luoghi privilegiati della visione della contemplazione sono anche i belvedere, le guardiole e le torrette angolari, protese verso il paesaggio per raccogliere la maggiore quantità di vedute e riportarle al loro interno.
Le grotte, rivestite di travertino e animate da cascatelle, realizzate con l’intento di portare il visitatore in un mondo fiabesco ma, in primo luogo, parte fondamentale di un articolato sistema idraulico che aveva la funzione di portare l’acqua dal laghetto sulla sommità del colle fino alle zone da irrigare nell’orto e nel giardino formale adiacente la villa, erano insomma una specie di “acquedotto grottesco”. La presenza dell’acqua, requisito indispensabile in un giardino all’inglese, è nel parco di villa Albertini sapientemente declinata in tutte le sue forme e funzioni. Capace di creare effetti suggestivi e continuamente nuovi rispondendo alla ricerca di tranquillità e di contemplazione così diffuse nel pensiero romantico.